lunedì 24 novembre 2014

DECIMA TAPPA PER IL VERSIPELLE




Raggiunge il traguardo della decima edizione, l’ultima per il corrente anno, la rassegna istituita dall’associazione Logopea grazie alla volitività di Armando Saveriano, affiancato da Davide Cuorvo, Mena Matarazzo e dall’eclettico Raffaele Stella. Giuseppe Vetromile introduce la poetica di Floriana Coppola e quella di Ketti Martino, scrittrici vivificanti coinvolte nella pars construens che trasfonde nell’opera il suo autore, nomade e passeggero di un cammino che accetta la sfida orizzontale alla ricerca di forme e soluzioni vibranti di energia e di fattualità, senza badare (come ogni saggio scrittore dovrebbe imporsi) agli allettamenti della verticalità o alle chimere del Parnaso. Rosa Battista è poetessa occasionale, autrice di un unico libro di belle poesie in vernacolo napoletano, che ama recitare con quell’immediatezza ruspante che sarebbe apprezzata da Peppino, Macario e Totò. Ciro Alvino è più prosatore che poeta, ma non disdegna il lirismo, che del resto fa capolino nel romanzo “La Gelsa” (De Angelis ed.) e nelle pagine del nuovo libro in fieri “Il Patto”. Rosa Di Zeo torna con le sue preveggenze e il suo inconscio, paladina dell’intensità del gesto poetico, che attraversa passaggi luminosi, radure di raccoglimento quasi a volte solipsistico, pronte a irraggiarsi in paesaggi complementari all’umore e alla dimensione salvifica della fiducia nella parola. Gradito ritorno quello di Rita Pacilio, con la sua Elettra sensoriale, incuneata in un destino chiuso nella vendetta; quasi un poemetto e una confessione, scandita col ritmo ipnotico della sua recitazione anime che incontra i moti più impetuosi e sussultorii dell’Oreste di Jean-Paul Sartre, interpretato dalla fusione di due giovani talenti (Antonio Mazzocca e Davide Cuorvo). Michele Amodeo sguscia dalle babbucce e dal pretestuoso mal di denti della madre ruccelliana, che nessuna figlia si augura di avere, nell’ode amorosa e sensuale del briccone Catullo, capace di moltiplicare all’infinito i baci alla sua Lesbia, incurante dei mormorii oziosi e invidiosi delle cariatidi e delle vecchie bertucce. Christian Cioce è cresciuto attorialmente, proprio perché il teatro è una potenza liberatoria, affrancatrice e rivelatrice eccezionale. Vale più di mille terapie costose e inutili. Mena Matarazzo studia Dürrenmatt (“La visita della vecchia signora”), Pirandello (“Così è, se vi pare”), La Rocca (“Scene Augustee”) con la dedizione e l’impegno che ne contraddistinguono la totalizzante passione. L’incontro è alle 16.30, presso i locali del Centro Sociale “Samantha Della Porta”, in Città, giovedì 27 p.v.

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